Legge Zan contro la omotransfobia: cercare presto la sintesi che serve.
di Titti Di Salvo
Di nuovo due ragazzi che si baciavano sono stati aggrediti dal branco. È successo qualche giorno fa a Vernazza, e qualche giorno prima in provincia di Roma.
Basterebbero queste ultime notizie di cronaca per dire dell’importanza che arrivi in porto la legge Zan contro la omotransfobia. Una legge per prevenire e fermare gli atti di odio nei confronti delle persone per il loro orientamento sessuale si insegue da molto tempo. Non ci siamo riusciti neppure nella scorsa legislatura che, con il voto di fiducia, era comunque arrivata ad approvare la legge sulle unioni civili. Traguardo di civiltà anch’esso inseguito per anni. A dimostrazione della fatica anche in quel Parlamento di comporre una maggioranza. E contemporaneamente dell’importanza della scelta, tutt’altro che scontata, di arrivare fino in fondo.
Contro la legge Zan c’è un accanimento serrato e diffuso, in parte sotterraneo e in parte esplicito ed esplicitato dalla Lega di Salvini e dal partito di Giorgia Meloni. E accuse le più diverse e spregiudicate: da testimonial dell’odio del PD contro le famiglie, per citare titoli di quotidiani, a ispiratrice di pedofilia, ma anche “legge liberticida e fascista”, nonostante i reati di opinione non c’entrino per niente.
Al contrario la discussione che si è aperta nel mondo femminista sulle conseguenze dell’uso dei termini identità di genere e sesso nel contesto della legge è tutt’altro che un ostacolo alla sua approvazione. E’ anche sbagliato che questa argomentazione, la messa in pericolo dell’approvazione, sia utilizzata per esorcizzare i temi aperti. Altrettanto un errore sarebbe contrapporre il senso della discussione alla realtà quotidiana delle persone: come se il confronto libero tra pensieri distogliesse dalle politiche. Che anzi hanno spesso il limite di deboli radici e corta visione. Penso, non a caso, all’assenza di politiche di sistema per favorire la maternità come libera scelta, né destino biologico né rinuncia, come di nuovo il rapporto Istat dice. Che una discussione analoga, sulle conseguenze della cancellazione di ciò che significa e ha significato essere donna dal punto di vista storico e sociale oltre che biologico, sia aperta negli USA ma anche in Spagna dimostra la sua fondatezza. La fondatezza cioè del rischio, pur non scelto dagli estensori della legge, che l’affermazione dell’identità di genere, come riconoscimento delle identità legate al genere a prescindere dal sesso biologico, possa minacciare le conquiste delle donne. Conquiste molto precarie a proposito di realtà quotidiana delle donne. Ancora di più dopo la pandemia.
Il testo base che arriverà in aula il 27 luglio è il frutto del lavoro di sintesi delle diverse proposte di legge inizialmente depositate e del lavoro di commissione. E anche dell’impegno del relatore della legge Alessandro Zan, minacciato per la determinazione ad arrivare fino alla approvazione delle legge, della cui importanza ho già detto. Così come dell’importanza di cancellare le discriminazioni nei confronti di tutte le persone sulla base della loro percezione di identità o orientamento sessuale. E d’altra parte la battaglia contro le discriminazioni è stata storicamente favorita dal riconoscimento delle differenze. Non il contrario. E’ sbagliato dire che la discussione aperta indica che la sintesi è ancora da raggiungere? Il nodo è questo: si fa sintesi tra posizioni cui si riconosce legittimità. Sostanziale, non formale. A me sembra che la posizione espressa da parte del mondo femminista e da Arcilesbica questa legittimità ce l’abbia. E la sintesi dunque vada cercata. Per fare una legge migliore.