Serve un patto per il lavoro delle donne
di Titti Di Salvo
Recovery fund: riforme non solo risorse. È ora di un patto nazionale per l’aumento dell’occupazione femminile. Ci troviamo da mesi in una contingenza di straordinaria difficoltà, inedita e inattesa. La preoccupazione per il futuro convive con la certezza della necessità del cambiamento del paese. Che le risorse del Recovery Fund possono aiutare, ma non garantire. Perché non sostituiscono la responsabilità di tutta la classe dirigente di indicare le scelte e le riforme che servono per traghettarci verso un futuro migliore. Per le persone e per l’ambiente. Tra tutte, l’aumento della partecipazione delle donne al mondo del lavoro è la più feconda perché aiuta sia l’economia che il cambiamento del modello sociale e produttivo. Al contrario, l’Istat misura già oggi 470 mila occupate in meno del secondo semestre del 2019. La pandemia ha dimostrato e continua a dimostrare l’importanza dell’economia della cura e il ruolo delle infermiere, delle dottoresse, delle commesse dei supermercati, delle insegnanti, delle donne del pulimento, delle braccianti, delle Oss, delle madri, di tutte le donne nel reggere l’economia e le famiglie; la nuova percezione dell’innovazione e del digitale come soluzione ai problemi della quotidianità; la straordinarietà del cambiamento del lavoro determinato dallo smart working e i suoi effetti di sistema. Molto positivi anche sulla rigenerazione urbana. Se non sarà usato per confinare le donne nel perimetro casalingo. E se si eviterà di declinarlo in home working piuttosto che in smart working.
L’aumento della partecipazione delle donne al mondo del lavoro è dunque un interesse pubblico. Perciò lo è anche superare l’ostacolo principale al lavoro delle donne: la solitudine nel vivere la maternità e la cura. Alla certezza dell’analisi occorre unire oggi più che mai la chiarezza su come raggiungere l’obiettivo. Alle politiche pubbliche nazionali, e alla destinazione di risorse conseguenti, devono corrispondere comportamenti coerenti delle imprese nelle assunzioni e nella organizzazione della produzione, delle organizzazioni sindacali nei rinnovi contrattuali, delle amministrazioni pubbliche negli orari delle città e nell’organizzazione sociale e dei servizi, dell’informazione nel veicolare messaggi coerenti, della scuola e di tutto il sistema di istruzione e formazione. Sia dunque il governo a promuovere l’aumento dell’occupazione delle donne come grande obiettivo nazionale di sistema a cui richiamare l’insieme del paese. E lo faccia in 3 modi. Proponendo un meccanismo di valutazione ex ante dell’impatto di genere di tutte le scelte di realizzazione delle 6 aree di intervento individuate nelle linee guida per il Recovery Fund. Con una presenza adeguata di competenze femminili nella governance della gestione del Recovery Fund. E convocando tutti gli attori sociali e istituzionali intorno a proposte concrete per la definizione di un Patto per l’Italia. Cioè per un Piano nazionale per l’aumento della partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Perché vada a buon fine ognuno dovrà assumere impegni coerenti. E sarebbe una rivoluzione.