Recovery fund: oltre la crisi
di Titti Di Salvo
Non c’è dubbio che la crisi, o comunque si voglia chiamare l’empasse in cui si trova oggi il governo, lasci sgomento il paese. Per tante ragioni.
Per il momento in cui avviene: la pandemia tutt’altro che superata e le sue conseguenze economiche e sociali. Per le ragioni dichiarate da chi l’ha innescata, Italia Viva: le distanze nella maggioranza sulle scelte necessarie al paese, che però per paradosso la crisi non aiuta a qualificare. Per il tempo politico in cui avviene, a ridosso del varo del Recovery Plan. Che riguarda l’Italia e il suo futuro, ma anche i rapporti dell’Italia con l’Europa. Nella prima settimana di febbraio il PNRR arriverà in Parlamento dove è giusto che le scelte e dunque le responsabilità vengano assunte.
Ieri dopo l’incontro con le Organizzazioni sindacali il Presidente del Consiglio ha dichiarato che i contenuti del Recovery Plan continueranno a cambiare attraverso il confronto con le parti sociali. Questo impegno annunciato è molto importante. Ed è la chiave per andare oltre la crisi, per rientrare in sintonia con il paese. Per superare lo sgomento.
Il Recovery Fund dovrà finanziare le riforme che servono per superare i limiti che da prima della pandemia hanno condizionato negativamente la crescita. Per ciò stesso la prima responsabilità istituzionale che il governo ha oggi, nonostante le difficoltà, è quella di coinvolgere il paese nel disegno del futuro. Per più ragioni.
Perché non tutto si esaurisce nel Recovery Fund. Al netto della differenza tra spese correnti e strutturali. Ciò vuol dire che non si realizza per esempio la riforma della PA, decisiva per il nostro futuro, se non si definiscono politiche coerenti, non si assumono giovani e non si coinvolgono lavoratori, lavoratrici e dirigenti della Pa nella riforma e tutto ciò con evidenza non può essere contenuto nel Recovery plan. Non si sostengono le persone nell’accesso al lavoro che cambia senza politiche attive contemporanee, senza la formazione permanente. Con un approccio culturale adeguato che assume l’innovazione come stella polare e la governa perché sia utile al miglioramento delle condizioni di vita delle persone. Non si aumenta l’occupazione femminile senza politiche di sistema: più asili nido ma anche più condivisione del lavoro di cura, più flessibilità nell’organizzazione del lavoro delle imprese. Non si realizzano entrambi gli obiettivi senza la riforma profonda del welfare in senso universale e contemporaneo. E con tutta evidenza tutto ciò non solo non può essere contenuto nel PNRR. Non basta neppure un patto di legislatura. Perché le linee di riforma del paese contenute nel Recovery Fund superano le legislature.
Ma cosa vuol dire coinvolgere il paese?
Di cosa si parla quando si parla di futuro?
Oggi difronte a tutte le classi dirigenti c’è la grande responsabilità delle scelte migliori per ridare una chance al futuro. Insieme all‘obbligo di non dimenticare le lezioni imparate nel tempo del Covid. Che riguardano il valore del lavoro, della cura, dell’innovazione sociale e digitale, della scuola, degli investimenti pubblici in ricerca, delle infrastrutture sociali, materiali e immateriali, del talento delle donne. Tutte le classi dirigenti vanno coinvolte e ingaggiate. E non solo. Il piano per la ripresa e la resilienza deve anche per questo avere la forma di un patto con il paese. Di cui le donne e i giovani siano contraenti. Il che comporta sia la capacità della politica di imparare a rappresentarli. Ma con la consapevolezza che i partiti non esauriscono la rappresentanza. Che la necessità della consultazione larga, per condividere e costruire l’idea di futuro. In modo che ognuno faccia la propria parte, il sindacato, le imprese, la scuola, l’università, le istituzioni, il Terzo settore, gli enti locali, l’informazione.
In questi mesi molte associazioni hanno elaborato pensieri di futuro. Penso all’Alleanza per l’Infanzia. Penso alle voci collettive di tante donne, unite nella campagna “Donne per la salvezza “ come “Half of it”, Le Contemporanee, il Giusto mezzo, Datecivoce. Con loro il Governo apra un tavolo permanente di consultazione che accompagni le scelte. Pensando al futuro del paese.